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Piero Ivaldi
una vita nelle giovanili
Da quasi trent'anni si dedica alle promesse della pallanuoto. E' uno dei tecnici più titolati delle giovanili
06/12/2008 - Marco Vezil

Genovese, cinquantatrenne, padre di Virginia e Giacomo, è uno dei più quotati allenatori delle giovanili.
Il suo lungo curriculum parla da solo: docente S.I.T. del settore pallanuoto, allenatore delle rappresentative
liguri ai Giochi della Gioventù per otto anni, allenatore delle giovanili dell’Andrea Doria, della Pro Recco (nel 93/94 ha condotto anche la prima squadra), del Rapallo e del Nervi, dal 2004 è alla guida della nazionale giovanile.
Ha tutte le caratteristiche del ligure: di poche parole, schivo della notorietà, preferisce stare a bordo vasca con i suoi ragazzi che davanti a telecamere o taccuini aperti.
Il nuovo corso che prenderà il via con Sandro Campagna lo vede in pole position per una riconferma nel ruolo di allenatore della nazionale giovanile. Ma lui tace. Non ne parla e non ne vuole parlare.
Ma è meno ermetico se stuzzicato sul quanto accade. Sui disagi di tanti club. Sull’assenza dei vivai.

Ivaldi, uno dei luoghi comuni più noti è: non ci sono vivai. Cosa ne pensa? «Non è vero. E’ una frase che fa riferimento sempre al passato dove c'erano società "storiche" nella capacità di forgiare giovani e ognuna di queste dava un timbro di appartenenza.
Vedendolo giocare, capivi se un giovane apparteneva alla scuola di Civitavecchia, a quella napoletana, a quella ligure della riviera di ponente o a quella del levante. E ognuna faceva riferimento alle caratteristiche della prima squadra, composta per lo più da giocatori locali.
Attualmente ci sono molte più società, il numero dei giovani che si avvicinano a questo sport è maggiore, sono nate realtà in quasi tutte le regioni; il problema è che la base è aumentata ma il "prodotto finale" è proporzionalmente poco.»

Qual è il suo consiglio per ottimizzare il lavoro dei club? «Strutturare il settore agonistico in modo da dare stimoli, spazi, e opportunità crescenti per ogni fascia di età. Per non perdere con il passare degli anni il lavoro fatto.»

Di conseguenza, come pensa di ottimizzare il suo lavoro? «La nazionale giovanile è prodotta dalle società, nei collegiali si ha l'opportunità di far allenare gli atleti per molte ore al giorno e di metterli a confronto con i coetanei migliori.
Fare capire agli atleti quanto è necessaria la cura di ogni dettaglio e stimolarli al fare è già un buon lavoro.»

Ci pare che in Italia non ci sia, nel settore giovanile dei club, una particolare cura delle tecnica. Cosa ne pensa? «I fondamentali negli sport di squadra moderni sono porzioni di partita; bisogna dare al giovane la capacità di possedere il maggiore controllo della palla e della posizione in ogni condizione, con tempi a disposizione diversi per arrivare a quelli che si troveranno in partita.»

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