07/05/2011 -
Paolo RossiEsiste, ormai da qualche anno, una piccola festa di sport. Per bambini. Di un solo sport che, seppure bello e fascinoso, vive chiuso e confinato nella sua piccola bolla. E' la pallanuoto. In particolare quella italiana, ormai diventata una disciplina di periferia. I tempi del Settebello sono roba da mummie, quelli di Ratko Rudic ormai sbiaditi. L'Italia cerca di risalire, ma per troppi anni è mancata - nella Federnuoto di Paolo Barelli - un progetto. E quindi la pallanuoto italiana è - come dicono a Napoli - con le pezze in fronte.
Paradossalmente (ed è l'eccezione che conferma la regola) c'è un club che vince tutto: il Recco. Grazie al patron, Volpi, da anni ha ucciso la concorrenza, sia italiana che europea. E si accinge allo Slam anche quest'anno.
Detto ciò, torniamo alla speranza. Ad Haba Waba. Anni fa un gruppo di appassionati (Gabriele Pomilio in primis), stanchi dello stato dell'arte, decisero che bisognava rimboccarsi le maniche. Far qualcosa, partendo dal basso, dai ragazzini. Cercando di creare nuove radici. Seminare. Ecco dunque l'Haba Waba. La festa per i bambini. Una scommessa. Sembrava una follia, oggi è diventata oggi un successo.
Anche quest'anno, dal 19 al 25 giugno, 80 squadre di bambini da tutto il mondo si divertiranno a Lignano Sabbiadoro. Un giro del mondo in 80 squadre, l'hanno chiamato. Invitato persino un piccolo club giapponese, che proprio Volpi ha voluto ci fosse (offrendosi
spontaneamente per le spese), dopo terremoto, tsunami e catastrofe nucleare.
Questo festival è nato privatamente. Un investimento per il futuro. Un atto d'amore. Che forse avrebbe dovuto essere delle istituzioni. Ma la parola investire, a certe federazioni, non piace. Molto più suggestiva è un'altra: gestire.